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Pedagogista Milano

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Autismo

Analisi comportamentale Applicata   

Integrazione scolastica  

Autismo

 

Per il Ministero della salute:

Autismo Milano

L’autismo rientra in quelli che vengono definiti “disturbi pervasivi dello sviluppo” un insieme di disturbi complessi comprendenti, tra gli altri, la sindrome di Asperger, il disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato (complessivamente definiti come disturbi dello spettro autistico), che possono manifestarsi con gradi variabili di gravità. Si tratta di disturbi che dipendono da un alterato sviluppo del cervello. Chi ne è affetto presenta problemi di interazioni sociali, problemi di comunicazione (verbale e non) e comportamenti ripetitivi. Possono essere inoltre presenti disabilità intellettiva, alterazioni della coordinazione motoria, disturbi gastro-intestinali.

I problemi compaiono già nella prima infanzia, cioè intorno al 2°-3° anno di vita e persistono per tutta la vita.
Fondamentale la presa in carico tempestiva del soggetto, intervenendo per esempio con qualche forma di terapia comportamentale. Non esistono cure definitive, ma sono disponibili trattamenti che possono essere d’aiuto.

Questa condizione, la cui diffusione è in aumento, secondo recenti stime americane, interessa un soggetto su 88, con i maschi colpiti 4-5 volte più di frequentemente rispetto alle femmine.
In Europa la diffusione varia da paese a paese: si passa da una prevalenza di 1 su 160 in Danimarca, a una prevalenza di 1 su 86 in Gran Bretagna.

Ad oggi non è stata individuata con certezza la causa dei disturbi dello spettro autistico, ma in un 10-15% dei casi è individuabile una causa genetica. In questo caso si parla di forme di autismo secondario (per esempio sindrome del I disturbi dello spettro autistico hanno una significativa componente genetica, anche se non è stato possibile individuare ad oggi un unico gene responsabile.

Si ritiene attualmente che sia il patrimonio genetico che l’ambiente concorrano alla manifestazione di tali disturbi.

L’analisi genetica ha evidenziato che i geni associati all’autismo sono moltissimi e si presentano in modo variabile nei vari soggetti. La maggior parte delle alterazioni genetiche individuate sono responsabili della costruzione delle connessioni tra le cellule del cervello.

Tra i fattori di rischio non legati a mutazioni genetiche ci sono l’età avanzata dei genitori al momento del concepimento, malattie della madre durante la gravidanza (ad esempio la rosolia), la prematurità e peso corporeo alla nascita inferiore alla norma, una distanza rispetto al parto precedente inferiore a un anno. Tra gli altri fattori che si stanno analizzando vi sono la carenza di alcune vitamine o l’esposizione a farmaci e a tossici ambientali durante la gravidanza.

In passato è stata fatta l’ipotesi che il vaccino trivalente contro morbillo-parotite-rosolia fosse causa di autismo. Lo studio che sosteneva questa ipotesi è stato ritirato nel 2010 dalla rivista Lancet dove era stato pubblicato, dopo l’inchiesta condotta dal British General Medical Council che ha appurato una condotta fraudolenta dell’autore.

cromosoma X fragile, sclerosi tuberosa, sindrome di Rett).

Nei disturbi dello spettro autistico, i sintomi variano da persona a persona; possono avere livelli di gravità molto diversi: in alcune forme hanno un impatto trascurabile sul funzionamento del soggetto, in altri risultano decisamente invalidanti.

Secondo il DSM IV (Diagnostic Statistical Manual of Mental Disorders – Fouth Edition) i sintomi tipici sono riassumibili nella cosiddetta “triade del comportamento autistico”:

  • sviluppo anomalo e deficitario dell’interazione sociale: i bambini presentano una difficoltà a instaurare delle relazioni con le altre persone; tendono a isolarsi, a giocare da soli, a ignorare i bisogni degli altri, a eludere il contatto visivo.
  • compromissione qualitativa della comunicazione non verbale (sguardo, postura del corpo, mimica facciale). Anche la comunicazione verbale risulta compromessa: si va dalla totale assenza al ritardo nello sviluppo del linguaggio verbale. I soggetti che riescono a comunicare verbalmente, possono utilizzare le parole in maniera strana, ripetitiva o fuori contesto; usano e comprendono il linguaggio in maniera letterale (non capiscono le metafore, i modi di dire). Non mostrano immaginazione, né capacità di astrazione nel gioco (per esempio fingere di parlare con qualcuno al telefono).
  • repertorio di attività e di interessi marcatamente ristretto: le persone autistiche tendono a vivere in modo routinario (per esempio vogliono vedere un cartone animato tutti i giorni, alla stessa ora) e i cambiamenti della routine giornaliera possono innescare reazioni di rabbia e aggressività (possono ad esempio picchiarsi in testa o mordersi un braccio). Possono impegnarsi a lungo in comportamenti e movimenti stereotipati od ossessivi, i c.d. manierismi motori, come dondolarsi avanti e indietro davanti ad una finestra o alla televisione (body-rocking) o “sfarfallare” le mani davanti agli occhi (flapping). Alcuni soggetti evidenziano anomalie sensoriali, come una iper o ipo-responsività a stimoli uditivi, visivi o tattili.

I disturbi dello spettro autistico possono frequentemente presentarsi associati con altri disturbi del neurosviluppo, come l’ADHD (sindrome da deficit di attenzione ed iperattività), l’epilessia, la sindrome di Tourette, la disabilità intellettiva.

La gravità della sintomatologia dei disturbi dello spettro autistico varia da forma a forma. Il DSM IV riconosce le seguenti tre categorie distinte (che nel DSM V di prossima pubblicazione saranno riunite nell’unico gruppo dei disturbi dello spettro autistico, per sottolineare il continuum dei sintomi e della gravità):

Disturbo autistico

I bambini affetti da questa condizione presentano in genere gravi problemi di linguaggio, di interazione sociale e comportamentale (la triade del comportamento autistico). Possono presentare anche disabilità intellettiva e disturbi dell’apprendimento.

Sindrome di Asperger

Anche in questa sindrome sono presenti disturbi comportamentali e di interazione sociale, ma in maniera più lieve e sfumata. Questi soggetti non hanno disturbi di linguaggio (che può risultare però anomalo per la fissazione dell’individuo su uno specifico argomento o per la sua verbosità), ma hanno una limitata capacità di astrazione e difficoltà a comprendere le metafore, i modi di dire e le battute. L’uso e la comprensione del linguaggio è cioè molto letterale. Non presentano disabilità intellettiva, e hanno spesso un repertorio ristretto di interessi e di attività che li può portare ad eccellere in specifici settori.

Disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato

I soggetti che sono affetti da questa condizione hanno in comune alcuni aspetti del disturbo autistico e altri della sindrome di Asperger. Il loro quadro clinico non assume caratteristiche tali da permettere una diagnosi di autismo o di sindrome di Asperger secondo il DSM IV, e da alcuni è considerato una variante più lieve dell’ autismo.

La diagnosi dei disturbi dello spettro autistico viene effettuata sulla base dell’osservazione clinica del soggetto, secondo i criteri indicati nei due principali manuali di riferimento DSM IV e ICD10 (International Classification of Diseases – Tenth Revision).
La diagnosi clinica può essere accompagnata dall’uso di scale di valutazione standardizzate, come l’ADOS (Autism Diagnostic Observation Schedule) e l’ADI-R (Autism Diagnostic Interview-Revised).

Nel percorso che porta alla diagnosi è molto importante tenere conto delle osservazioni dei genitori (o del personale del nido o della scuola materna) che per primi possono cogliere alcuni campanelli d’allarme. Queste osservazioni sono spesso riportate al pediatra, che valuterà se indirizzare il bambino a una visita specialistica.

E’ importante che la diagnosi sia effettuata da un’équipe multidisciplinare specializzata, che deve comprendere un neuropsichiatra o uno psicologo e può includere anche terapisti della neuroriabilitazione e del linguaggio (logopedista), per una valutazione multidimensionale del bambino (capacità di comprensione, capacità di comunicazione verbale, capacità di instaurare una relazione).

Quali sintomi devono mettere in allarme

I campanelli d’allarme per una patologia dello spettro autistico sono:

  • il bambino non fa dei grandi sorrisi o manifestazioni di gioia entro i 6 mesi di vita (o in seguito)
  • il bambino non dialoga con la madre, rispondendo con un sorriso ai suoi sorrisi, o con espressioni del viso o con suoni entro i 9 mesi di vita
  • il bambino non risponde a gesti come il fare “ciao” con la mano, non afferra oggetti che gli vengono offerti, non indica un oggetto con l’indice entro i 12 mesi di vita
  • il bambino non risponde quando viene chiamato con il suo nome a partire dai 12 mesi di vita
  • il bambino non vocalizza entro i 12 mesi di vita, non pronuncia parole entro i 16 mesi e non formula frasi (anche molto elementari) entro i 24 mesi di vita
  • il bambino non fissa negli occhi la madre o un’altra persona
  • il bambino usa i giocattoli in modo strano e ripetitivo (per esempio afferra una macchinina e, anziché farla camminare a terra, si limita a far girare le ruote con un dito anche per un lungo periodo di tempo)
  • esegue movimenti ripetitivi come dondolarsi avanti e indietro.

il bambino Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico necessita di percorsi integrati, comprendenti interventi pedagogici e abilitativi, e se necessario farmacologici.

Non esistono, infatti, farmaci che curino l’ autismo, ma il loro uso può essere indicato in presenza di sintomi comportamentali maladattativi, come auto ed eteroaggressività, iperattività, comportamenti stereotipati, insonnia (comportamenti problema).
Il trattamento farmacologico, il cui impiego viene deciso dal medico sulla base delle caratteristiche del paziente, può comprendere farmaci antipsicotici o stimolanti.

I bambini e le loro famiglie sono coinvolti nella gestione del trattamento da un’équipe multidisciplinare (comprendente neuropsichiatri infantili, pediatri, medici di famiglia, educatori, pedagoghi, logopedisti e terapisti della neuro e psicomotricità).
Il coinvolgimento delle famiglie nel programma di intervento è fortemente raccomandato.
L’apprendimento delle modalità di intervento da parte dei genitori li aiuta a interagire efficacemente con i figli oltre a promuove il loro benessere emotivo.
La prosecuzione dell’intervento abilitativo nell’ambiente domestico con la mediazione dei genitori ne aumenta l’efficacia.

Il trattamento comportamentale dei bambini consiste in programmi intensivi comportamentali, efficaci soprattutto se instaurati precocemente (in età prescolare). Tra questi, i più studiati sono quelli basati sull’analisi comportamentale applicata (Applied Behaviour Analysis, ABA), che possono migliorare il linguaggio, i comportamenti adattativi e le abilità intellettive (il quoziente d’intelligenza).

Per stimolare ed agevolare la comunicazione, nei soggetti con disturbi dello spettro autistico possono essere utilizzati materiali che forniscano un supporto visivo (per esempio il Picture Exchange Communication System, PECS).
È molto importante che tutti quelli che interagiscono con il bambino adottino le stesse modalità di comunicazione e di comportamento.
È importante adattare l’ambiente sociale e fisico dei soggetti con disturbi dello spettro autistico, seguendo una routine e programmi prevedibili, minimizzando le sensazioni sensoriali disturbanti (ad esempio rumori eccessivi e improvvisi, luci accecanti ecc.).

Nei soggetti con sindrome di Asperger o autismo ad alto funzionamento, può essere impiegata anche la terapia cognitivo comportamentale (Cognitive Behaviour Therapy, CBT), che può essere efficace per alleviare i disturbi d’ansia e per migliorare la capacità di controllo della rabbia.

Le conoscenze sull’eziologia dei disturbi dello spettro autistico sono ancora insufficienti per permettere di dare indicazioni specifiche a carattere preventivo.
D’altra parte, è stato osservato che i fratelli di bambini con autismo hanno una probabilità maggiore di avere un disturbo del neurosviluppo (autismo, disturbi specifici del linguaggio e/o dell’apprendimento) rispetto alla popolazione generale.
Pertanto, è consigliabile un monitoraggio specifico dello sviluppo neurocomportamentale di bambini che abbiano fratelli con autismo, per poter diagnosticare precocemente eventuali problemi e intervenire con tempestività.

Per approfondire consulta le Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nei Disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico. Le conoscenze sull’eziologia dei disturbi dello spettro autistico sono ancora insufficienti per permettere di dare indicazioni specifiche a carattere preventivo.
Che cos’è la Sindrome di Rett

La Sindrome di Rett è una patologia progressiva dello sviluppo neurologico che colpisce quasi esclusivamente le bambine, durante i primi anni di vita e dopo un periodo di apparente normalità, molti genitori si sono soffermati spesso sul carattere “cinico e violento” della malattia proprio per quel suo improvviso e tragico manifestarsi.

Fu riconosciuta per la prima volta da Andreas Rett, un medico austriaco, a seguito di un’osservazione casuale nella sua sala di aspetto di due bambine che mostravano movimenti stereotipati delle mani molto simili tra loro. A seguito di questa scoperta, riesaminando le schede di alcune pazienti viste in precedenza, Rett individuò altri casi con caratteristiche comportamentali e anamnesi simili e pubblicò un articolo nel 1966. Tuttavia, la pubblicazione di Rett fu ignorata per anni. A risvegliare l’interesse e a riconoscere universalmente l’esistenza della sindrome di Rett, nel 1983, fu uno studio su 35 pazienti di un gruppo europeo di neurologi infantili, che comprendeva Hagberg, Aicardi, Dias e Ramos 2.

La Rett è oggi riconosciuta come la seconda causa di ritardo mentale nelle bambine, con un’incidenza stimata di circa 1/10.000 nati femmina. Nella forma classica, le pazienti presentano uno sviluppo prenatale e perinatale normale. Dopo un periodo di circa 6-18 24 mesi però, le bambine presentano un arresto dello sviluppo seguito da una regressione. In tale fase le pazienti perdono le abilità precedentemente acquisite come l’uso finalistico delle mani e il linguaggio verbale. Diventa evidente una riduzione delle capacità comunicative e compaiono tratti autistici. Inoltre le bambine cominciano a manifestare i movimenti stereotipati delle mani tipo lavaggio e spesso sono presenti segni come digrignamento dei denti e sospensione del respiro. Si manifesta un rallentamento della crescita della circonferenza cranica che risulta in microcefalia. Nello stadio successivo, si assiste ad una diminuzione delle sintomatologia autistica e ad un miglioramento nelle interazioni sociali, nonostante l’incapacità di parlare, l’aprassia e le stereotipie manuali persistano, la deambulazione molte volte non è più autonoma, si evidenzia l’incapacità di controllo dei movimenti. Diventano più evidenti l’iposviluppo somatico e la scoliosi e spesso compaiono crisi convulsive. Caratteristiche presenti sono inoltre stipsi ed estremità fredde. L’ultimo stadio si manifesta solitamente dopo i dieci anni. La sindrome di Rett è però caratterizzata da ampia eterogeneità clinica e, oltre alla forma classica, sono state descritte almeno 5 varianti. Queste includono:

  1. la variante a linguaggio conservato, caratterizzata da un decorso clinico più favorevole in cui le bambine recuperano la capacità di esprimersi con frasi brevi e, parzialmente, l’uso delle mani;
  2. la variante con convulsioni ad esordio precoce, caratterizzata da crisi convulsive che si manifestano prima del periodo di regressione;
  3. le “forme fruste” in cui i segni clinici caratteristici sono più sfumati;
  4. la variante congenita in cui il ritardo psicomotorio è evidente sin dai primi mesi di vita;
  5. la variante a regressione tardiva, di rarissima osservazione.

Dal punto di vista genetico, dopo il 1999, anno in cui è stato identificato il gene MECP2 come causa della forma classica,e che coinvolge la maggior parte delle ragazze con Sindrome di Rett sono stati fatti numerosi passi avanti Auttalmente sono stati scoperti altri due geni responsabili della Sindrome di Rett CDKL5 e FOXG1 .

I quattro stadi clinici della sindrome di Rett

Fase 1 tra i 6 e i 18 mesi. Durata: mesi

Rallentamento e stagnazione dello sviluppo psicomotorio fino a quel momento normale. Compare disattenzione verso l’ambiente circostante e verso il gioco. Sebbene le mani siano ancora usate in maniera funzionale, irrompono i primi sporadici stereotipi. Rallenta la crescita della circonferenza cranica.

Fase 2 Da 18 mesi ai tre anni. Durata: settimane, mesi

Rapida regressione dello sviluppo, perdita delle capacità acquisite, irritabilità, insonnia, disturbo dell’andatura. Compaiono manifestazioni di tipo autistico, perdita del linguaggio espressivo e dell’uso funzionale delle mani accompagnata dai movimenti stereotipati, comportamenti autolesivi. La regressione può essere improvvisa o lenta e graduale.

Fase 3 stadio pseudo stazionario. Durata: mesi, anni

Dopo la fase di regressione, lo sviluppo si stabilizza. Diminuiscono gli aspetti di tipo autistico e viene recuperato il contatto emotivo con l’ambiente circostante. Scarsa coordinazione muscolare accompagnata da frequenti attacchi epilettici.

Fase 4 all’incirca dopo i 10 anni. Durata: anni

Migliora il contatto emotivo. Gli attacchi epilettici sono più controllabili. La debolezza, l’atrofia, la spasticità e la scoliosi impediscono a molte ragazze di camminare, anche se non mancano le eccezioni. Spesso i piedi sono freddi, bluastri e gonfi a causa di problemi di trofismo.

La malattia genera indubbiamente non poche difficoltà legate a numerosi handicap. E’ necessario tuttavia precisare che il quadro evolutivo della patologia non segue mai un percorso preordinato per tutti i soggetti. I quadri clinici di deterioramento, di miglioramento o di stasi dell’evoluzione patologica sono variabili e diversi tra loro.

La Diagnosi della Sindrome di Rett

La Sindrome di Rett (SR) è scientificamente riconosciuto come un disordine neurologico grave, ad eziologia –l’insieme delle cause- sconosciuta, che colpisce prevalentemente, se non esclusivamente, soggetti di sesso femminile durante i primi due anni di vita.

I principali sintomi compaiono dopo uno sviluppo psicomotorio apparentemente normale e sono rappresentati da arresto della crescita cranica con microcefalia, perdita dell’uso finalizzato delle mani per comparsa di stereotipie tipo “hand washing”, comportamento autistico, perdita della comunicazione, atassia e crisi convulsive.

L’ipotesi più spesso evocata per spiegare questi fatti è che la Sindrome di Rett sia dovuta a una mutazione dominante legata al cromosoma X. Fino al settembre 1999 la diagnosi della Sindrome di Rett si basava esclusivamente sull’esame clinico. Da allora viene confermata, in circa l’ottanta per cento dei casi, dalla genetica molecolare.

E’ comunque opportuno che i soggetti che presentano i sintomi della malattia siano visti da uno specialista che abbia familiarità con questo tipo di patologie. Sono stati sviluppati precisi criteri diagnostici:

  1. Periodo prenatale e postnatale apparentemente normali.
  2. Sviluppo psicomotorio nel corso dei primi sei mesi/quattro anni di vita, apparentemente normale.
  3. Misura normale della circonferenza cranica alla nascita con rallentamento della crescita del cranio tra i sei mesi e i quattro anni di vita.
  4. Perdita dell’uso funzionale delle mani tra i sei mesi e i trenta mesi associato a difficoltà comunicative e ad una chiusura alla socializzazione .
  5. Linguaggio ricettivo ed espressivo gravemente danneggiati ed evidente grave ritardo psicomotorio.
  6. Comparsa dei movimenti stereotipati delle mani; serrate, strofinate, portate alla bocca.
  7. Aprassia della deambulazione (difficoltà a esercitare movimenti) e atassia (mancanza di coordinazione dei movimenti volontari) della postura tra uno e quattro anni.

Spesso accade che la diagnosi rimanga dubbia tra i due e i cinque anni.

Pur essendo più difficoltosa all’esordio e nelle forme varianti, la diagnosi è agevolata dalla conoscenza della storia naturale della malattia, che la rende assolutamente specifica e permette di differenziarla da patologie con sintomi simili e con le quali, fino a qualche tempo fa, venivano confuse (autismo, paralisi cerebrali atassiche, Sindrome di Angelman, malattie metaboliche).

Attualmente gli studi epidemiologici sul ritardo mentale ci indicano che esiste una prevalenza nella popolazione infantile di circa il 3%.

Nonostante i progressi nel campo della biogenetica e di altri mezzi diagnostici, ancora oggi non si conoscono le cause del ritardo mentale nel 30% dei casi.

 


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